Alla fine conti anche le parole nuove che hai imparato. E
fai i conti con un piccolo cassetto riaperto che ha buttato fuori nuvole di polvere
e si è riempito di gente e linfa nuova. Un breve periodo, una costruzione di intenti e brividi sulle unghie. Passare molte
ore forse sotto stress, a volte con il timore di non rispettare i tempi , di
non essere all’altezza ma passarle con l’animo contento proprio per come le
stai passando è una sensazione che riempie. Manca; ascolti il tg con un
orecchio diverso e hai la smania di provarci davvero. Ma ora non importa. Non ti sei portato solo la mancanza perché sei pieno
del ricevuto.
Pezzi da scrivere, notizie da cercare, da rimettere insieme secondo i crismi, errori da non fare e sorrisi da condividere. La prima volta che in
cabina di registrazione ti metti le cuffie, guardi il “collega” senior a cui, ahilui,
sei stato affidato, con sguardo tenero e un po’ vergognoso quasi a scusarti perché
sei sicuro che quello che ti sta dicendo non lo saprai fare. E capisci una
buona norma o meglio te la riporti alla mente. Imparare è una cosa meravigliosa.
Ex novo, ci si può riuscire. Anche chi è bravo ha avuto la sua prima volta. Poi inizi a “speakerare”, il cuore in gola come se dalle tue parole dipendesse l’esecuzione di
qualcuno. Questo al primo colpo, dicesi che porti a una gamma di risultati differenti
che oscillano tra: 35 secondi di speech in apnea dove consonanti mangiate si
trovano attaccate tra loro e finisci per ascoltare una voce ansimante come quel
tipo con i baffi che vendeva cose in tv. Oppure, stessa quantità di caratteri, 1 minuto e quaranta.Una voce dall’oltretomba che per paura di sbagliare la
dizione scandisce sillabe come quando si parla a uno straniero per farsi comprendere.
Non saprai bene a quale categoria di novello appartieni sino a che non entrerai
in regia per la prima volta: quasi come stare al patibolo. Soprattutto perché chi
è là dentro magari un regista giornalista con anni di esperienza, divertente e
finto burbero, commenta i risultati senza sapere che il giocatore appena
arrivato è alle sue spalle.
Se sei già a questo punto, hai scritto qualcosa che può
essere stato più o meno ribaltato, hai almeno salito e sceso le scale 20 volte, hai cercato invano un pc su cui
lavorare, hai provato a ricordare i nomi di chi sta rispondendo alle tue
domande da un paio di giorni, non hai pranzato ma hai preso dei caffè
condivisi.
E se sei già qui è l’ora di tirare
fuori quel quadernone anni ‘80 che ti sei comprato perché -le cose te le devi
scrivere se no mica te le ricordi-,come ti hanno detto. Ci sei, devi montare
quello che hai scritto e quello che hai “parlato”. E non puoi starci delle ore perché
il tuo posto serve ad altri che nello stesso tuo tempo magari fanno il triplo
del lavoro che fai tu. Questo aumenta di gran lunga l’ansia da prestazione. Ed
è lì che scoprirai l’aiuto. Chi ti aiuta con flemma, gentilezza ed esperienza,
chi lo fa con velocità e concretezza perché sa che solo così potrà avere il tuo posto, chi lo fa
perché la passione non lo ferma e ha bisogno di fare e creare. Tanti modi o
scopi ma l’aiuto arriva sempre. Questo è quello che ti permetterà di imparare a
fare tutto o quasi da solo, in poco tempo. Non sfornerai servizi da Pulitzer ma
almeno sarai in grado di non distruggere un tg o mandare in onda due minuti di
nero.
Così ci prendi pure gusto. E passate le prime fasi dove ti
sembra di camminare in una frenesia continua inizi anche a conoscere chi ci
cammina con te. Colleghi i nomi alle facce, poi i cognomi ai nomi, poi sul
foglio dei turni visualizzi i visi sopra ai cognomi e cominci a capire come gira la
redazione. Iniziano le parole e anche le risate. E in poco tempo arrivano i “nuovi”
e in men che non si dica non sei più tu il “nuovo” e hai pure un soprannome, l’ennesimo e
questo ti piace.
Quando il tempo di una nuova avventura è breve, succede
spesso che la distanza tra l’appena arrivato e sono quasi alla fine coincidano.
Se sai che dura poco, già a metà ti sembra di partire. E invece sei a metà. Ma
siccome hai visto come è andata via veloce la prima parte senti che la seconda
sia già arrivata alla fine. E’ la conoscenza dei ritmi che porta a questo. Come
andare in un posto: le 10 ore per arrivare non hanno mai lo stesso valore del
tempo del ritorno. E’ una sensazione emozionante a volte, hai nostalgia di una
cosa quando ce l’hai ancora.
Poi se sei fortunato tutto questo esce con te al di fuori di
quel tornello. E grazie a qualcuno conosci le storie degli altri ci ridi sopra
mentre mangi una pizza, c’è chi perde sangue dal naso, chi porta bottiglie di
sambuca per pensare ridendo alla buffa giornata trascorsa, chi ti accoglie in
casa sua come se ti conoscesse da anni e chi rimarrà impresso in foto strampalate,
nelle frasi di un piccolo blocchettino, nella dedica di una copia del giornale
e tutti negli occhi e nelle mani.
Insieme a questo poi,
ci attacchi tante strade nuove, cari veri amici rincontrati, mostre di foto e
quadri, la tua voce nella metro, giri stravaganti con la tua metà in visita, l’odore
della pioggia dopo il sole sull’asfalto.
Un mash-up come fa figo dire in questi tempi: un po’ studente
fuori sede, un po’ lavoratore, un po’ giornalista, un po’ scout, un po’
viaggiatore, un po’ erasmus e un po’ stagista, un po’ solitario e un po’
vecchio amico, un po’ tonino va in città, un po’ avventuriero metropolitato. Come
un pezzo di puzzle incastrato ma comodo
in una vita scombinata.
E ti senti grato. Per questa prova, per chi te l’ha proposta
e per come ti è capitata tra le mani, grato per una persona amica che con la
sua accoglienza ti ha permesso di viverla, per una città che ti ha ospitato e che non è solo grigio e madunnina e per chi l’ha
trascorsa con te.
Le nuove occasioni, anche se piccole, sono questo, le
persone sono questo: pezzi di puzzle. A volte sembra che tutto sia scollegato e
qualche pezzo sia andato perduto o sciupato tanto da non rientrare al suo
posto. E poi basta poco un po’ di curiosità e voglia di provarci ed ogni pezzo
acquista di nuovo senso e la scatola del tuo puzzle cresce da sola, ancora. Speri di aver lasciato almeno qualcosa in
cambio del tanto portato via con te. Così da ripartire pieno ma leggero per un’altra
strada.
Io a Milano maggio/giugno 2013.